di Alberto Bonaiuti
In una Prato non ancora stravolta dal processo industriale che la vedrà coinvolta dalla metà dell’800 in poi, si inserisce la figura di Antonio Marini, pittore e restauratore apprezzato all’estero e dalla corte granducale.
Nasce a Prato nel Maggio 1778; il padre è Michele Marini e la madre Maria Domenica Lotti. Ben presto i due genitori si accorgono delle virtù artistiche del figlio e lo iscrivono presso la scuola di Disegno e Architettura di Prato, e ha come maestri Luigi Nuti e Gaetano Magherini.
Nel 1808, frequenta l’Accademia di Firenze, dove riceverà elogi e premi per dei disegni e bozzetti. Nel 1816 collabora con il pratese Giuseppe Castagnoli che insegna Ornato e Prospettiva sempre all’Accademia fiorentina: da lui apprenderà l’arte dell’affresco. Nel 1818, fu incaricato di decorare la carrozza granducale destinata alle grandi occasioni.
In questo periodo, è notato dal principe Niccolò ’Estherazy, il quale gli commissiona un affresco per una sala del suo palazzo a Vienna. Il soggiorno nella capitale austriaca gli procura successo e fama, apprende l’arte della litografia e per primo la introduce in Toscana. Da questo momento in poi, esegue numerosi lavori di grande prestigio a Prato e in tutta la Toscana.
Nel 1822 è a Firenze, dove affresca alcuni ambienti presso il Reale Istituto della Santissima Annunziata. A Colle Val d’Elsa, affresca il Teatro e due cappelle del Duomo. Nel 1830 a Prato, decora la volta i parapetti e i palchi del Teatro Metastasio, esegue lavori nella casa di Gaetano Magnolfi e del canonico Benassai.
Sua è una pala con San Barnaba presso la Cappella dell’Ospedale e la tela con l’Apparizione di Maria in S. Maria delle Carceri. Nel biennio 1882 e 1884, lavora a Livorno nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo e a Montecatini, dove realizza l’affresco nella Chiesa dei Bagni. Nel 1847 esegue i cartoni per il mosaico del pavimento alla Specola di Firenze. Ma è nella sua città che il Marini lavora con più continuità e miglior profitto.
Tra i suoi capolavori ricordiamo alcuni ritratti per la Sala del Capitolo di Prato, una crocifissione per Cesare Guasti (Il Cristo delle Uova), e la Madonna dei Simboli per Leopoldo II. Tra il 1858 e 1859, affresca la chiesa pratese di San Pier Forelli.
Come già accennato nella breve introduzione, il Marini, oltre a svolgere l’arte della pittura, le affianca anche quella del restauratore. Tra tutti i suoi lavori, ricordiamo i restauri degli affreschi di Agnolo Gaddi nella Cappella del Sacro Cingolo e quelli del ciclo pittorico di Filippo Lippi nella Cattedrale di Prato, gli affreschi del Ghirlandaio nel Duomo di Pisa e quelli della volta per la Cattedrale di Lucca.
Nel 1840, sotto forti insistenze di alcuni studiosi inglesi a caccia del vero volto di Dante, “ripulisce” la Cappella del Podestà presso il Palazzo del Bargello a Firenze, dove il maestro Giotto (come ci dice il Vasari) aveva dipinto il volto del Sommo Poeta.
Il Marini riuscì nell’impresa dopo molti tentativi e per questo fu ricevuto dal granduca e ringraziato calorosamente per il difficile lavoro svolto (esiste anche una lettera dove lo stesso Marini racconta della scoperta ad un suo amico pratese). Antonio Marini muore a Prato il 10 Settembre 1861 ed è sepolto nel chiostro della Chiesa San Domenico.
Bibliografia: Prato Storia e Arte n° 72 1988, “Antonio Marini pittore” di Mario Bellandi. pagg. 88-90