Riceviamo e volentieri pubblichiamo un testo significativo di Alberto Bonaiuti, sul Premio Letterario Prato, che dal 1991 ha cessato di esistere nonostante avesse raggiunto una notorietà a livello nazionale.
Un premio letterario che dal 1948 al 1991 ha visto, sia in giuria che come partecipanti, i più grandi scrittori italiani: Alberto Moravia, Eugenio Montale, Italo Calvino, Gianni Rodari, Salvatore Quasimodo, Leonardo Sciascia, Pier Paolo Pasolini, Alberto Bevilacqua, Giorgio Bocca, Norberto Bobbio, Primo Levi.
"Di quanto siano dannosi i luoghi comuni, oggi lo sappiamo tutti. Ma a Prato, ne hanno procurati parecchi. Città industriale, Città fabbrica, all’apparenza incapace di fare altro se non stoffa e ciminiere. Eppure la storia ci racconta di episodi e personaggi il cui carattere va ben oltre la dimensione di produttività. E’ bene ricordare come Carlo Paoletti più volte affermava: "Che l’industria, è figlia, e non madre di Prato".
In questa dimensione ai più sconosciuta, s’inserisce il Premio Letterario Prato che per quasi 50 anni ha raccolto numerosi lavori letterari di valore, coinvolgendo personaggi di spicco del mondo culturale. La pubblicazione dei ”I trent’anni del Premio Letterario Prato” (edito dal Comune nel 1979), con testo a cura di Armando Meoni, personaggio pratese di spicco anche in campo nazionale, ben rappresenta lo spirito e la “location” come si direbbe oggi, in cui il Premio Prato nacque.
Ho cercato di farne un breve riassunto per raccontare di quanto sia di casa la cultura a Prato, con l’obiettivo di eliminare, almeno in parte, alcuni dei più dannosi luoghi comuni sulla nostra città. Nella sua introduzione, Meoni ci dice:
“Le ferite non erano del tutto rimarginate, sebbene la città fosse sonante al pari di un cantiere; ma le rovine provocate dai bombardamenti alleati e dai guasti dei nazisti in ritirata incidevano ancora troppo nel tessuto edilizio perché non si avvertisse la desolazione della guerra sofferta….” “la città andava dunque riprendendo la marcia verso quello sviluppo che le assicurava l’operosità’ dei suoi cittadini nel ricostruire.” “era logico che in quel processo di ricostruzione e di sviluppo apparisse necessario verificare a che punto fosse il cammino culturale.” “….accertarsi se nell’attività’ industriale e non meno in quella politica s’inserissero fatti di cultura che si accompagnassero per condurre a quelle aperture che di una città di provincia, stretta dalle mura medievali e per vent’anni impastoiata nelle limitazioni fasciste, avviassero a fare una città di attendibilità anche culturale.”
Nel 1944, l’ENAL (Ente Nazionale Lavoratori) costituiva un Comitato, dove si ritrovarono intellettuali, lavoratori, giornalisti insegnanti, scrittori. L’appartenenza politica era varia. A finanziare il Premio c’era Romeo Rouf, e altri industriali tessili. Segretario Lemno Vannini, uno dei più attivi partigiani della resistenza, che per oltre 25 anni si occuperà di promuovere e curare il Premio.
La giuria era composta con attenzione ai maggiori nomi d’allora in campo letterario; unici Pratesi, Armando Meoni e Lemno Vannini. Ma in quella giuria si potevano leggere nomi come Alberto Moravia, ed Eugenio Montale. I manoscritti dovevano essere inediti. La prima premiazione avvenne l’11 settembre 1948 in Piazza Mercatale, di fronte ad un folto pubblico.
Il Meoni racconta: "Il Premio Letterario Prato era sorto, la città aveva favorevolmente risposto alla verifica culturale.” Per alcuni anni, il Premio non fu realizzato per mancanza di fondi, ma nel 1951 l’A.N.P.I., Associazione nazionale partigiani, riprese i lavori proponendo come tema la guerra di liberazione in Toscana. L’afflusso degli elaborati raggiunse quote impreviste, così tante da mettere in difficoltà la giuria nel leggere tutti i manoscritti. Alla fine dei lavori la stessa espresse la speranza che tale Premio varcasse i confini della Toscana e raggiungesse livelli nazionali.
Il Premio letterario Prato negli anni '50
Gli anni '50 furono caratterizzati sempre dal tema sulla Resistenza, ma la giuria voleva non solo scritti che parlassero di singoli fatti d’armi, ma: ” che traducano lo spirito della Resistenza in impegno quotidiano per il progresso della civiltà democratica del paese”. Nel 1959, si decide di occuparsi della letteratura per ragazzi, tema a quei tempi molto trascurato. Fu chiamato in giuria Italo Calvino, e fra i partecipanti, ricordiamo Gianni Rodari.
Il Premio letterario Prato negli anni '60
Negli anni '60, Salvatore Quasimodo fresco del Premio Nobel (1959), accetta di far parte della giuria del Premio Prato, e se ne occuperà per ben 7 anni. In questa edizione ci si occupa di poesia, narrativa e saggistica con la partecipazione di nomi dal calibro di Leonardo Sciascia. Nelle edizioni successive, possiamo trovare autori che hanno fatto la storia della letteratura italiana, come Pier Paolo Pasolini, Alberto Bevilacqua e moltissimi altri. Nel 1967, la giuria decide di dividere il primato tra due racconti, ma ne sceglie anche un terzo, ed è Lettera a una professoressa, di Don Lorenzo Milani, opera che procurò molti guai al prete di Barbiana e al suo editore. La giuria intendeva “ringraziare gli otto ragazzi della scuola di Barbiana che l’hanno scritto e insieme richiamare alla memoria degli italiani e onorarla figura di Don Lorenzo Milani”. Sempre in quest’anno entra in giuria Giorgio Bocca.
Il premio letterario Prato negli anni '70
Negli anni '70, vediamo la presenza come autore di Norberto Bobbio, Nicola Chiaromonte, Giacomo Debenedetti, Giovanni Grazzini e molti altri ancora. Nel '75 sono premiate opere di Primo Levi.
Gli anni '80 e la fine
Gradualmente, il Premio letterario Prato cambia, si adatta molto bene alle tematiche moderne, toccando argomenti che poi in futuro, noi contemporanei, ne avvertiamo molto bene le conseguenze. Cito ad esempio il rapporto tra uomo e la forte industrializzazione, le tematiche d’impatto ambientale, la comunità Europea (tanto che negli ultimi anni il Premio si chiamo Prato Europa) gli sconvolgimenti politici alla vigilia del crollo del muro di Berlino. Si cerca dunque di affrontare temi comunque legati alle trasformazioni della società. Nel 1991 l’ultima edizione. Ho cercato invano le motivazioni di questa morte di una delle più dinamiche e attive istituzioni culturali, che Prato abbai mai avuto. Credo che ridare vita al Premio Letterario Prato sia non solo un dovere morale nei riguardi della città, ma anche un utilissimo mezzo per cercare di risollevarne lo spirito intraprendente che da sempre ci distingue.
Armando Meoni, chiude “I Trent’anni del Premio Letterario Prato”: “….tradizioni che prescindono da ogni gioco editoriale e di corrente per proporsi unicamente il riconoscimento di libri validi per il lettore e non meno per il segno che lasciano nella produzione letteraria. Proprio su queste tradizioni i membri delle varie giurie, nelle quali, dalla prima edizione del 1948 a questa del trentennale, hanno figurato e figurano i più bei nomi della poesia e della narrativa, della critica letteraria e della critica storica come di quella sociale, della filologia e dell’erudizione, come del giornalismo e dell’insegnamento universitario, si sono trovati d’accordo. Anche quando i loro pareri non riuscivano a convergere su una scelta unica: altro segno che dimostra la loro indipendenza dall’Amministrazione Comunale (per era dagli anni 50 che finanziava il Premio), da qualsiasi preconcetta opinione.”. E poi: “Senza dubbio è per tutto questo che il Premio Letterario Prato raggiunge, come scriveva un giornalista di quotidiano, una singolare distinzione nel mare magnum dei premi letterari italiani. Un po’ la distinzione della città nel contesto produttivo nazionale.”
Alberto Bonaiuti